Condividiamo dei frammenti selezionati dalla tesi che la counselor Barbara Montesi ha realizzato per concludere i tre anni del Master in Counseling ASPIC.
AIUTARSI PER AIUTARE CON IL COUNSELING DI EMERGENZA
Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’escalation impressionante di situazioni di emergenza e disastri quali terremoti, alluvioni e calamità naturali (…).
Operando nel volontariato mi accorgo come la formazione sia fondamentale e di come sia essenziale formare persone preparate emotivamente all’emergenza quale fattore di protezione emotiva del soccorritore/salvatore. La cultura della psicologia dell’emergenza in Italia è molto recente e in genere ha riguardato sempre la figura dello psicologo, solo negli ultimi anni si è riconosciuta anche la figura del Counselor in tale ambito, tenendo presente che con il Counseling siamo nella sfera del “caring” (to care: prendersi cura, sostenere, avere a cuore) e non del “curing” (to cure: somministrare una cura, ripristinare la salute mentale risolvendo una patologia) (…).
È necessario ricordare che il contesto operativo nel quale opera il soccorritore è caratterizzato da cambiamento repentino e imprevedibilità, evoca dolore e rischio e non permette ai soccorritori un adattamento organico, adeguato a fronteggiare gli aspetti emotivi correlati allo stress generato dall’evento. Le calamità naturali e le emergenze destabilizzano il territorio colpito, i suoi abitanti, e mettono a repentaglio la comunità sia dal punto di vista geologico che psicologico. Gli operatori che in particolare devono soccorrere le vittime di fenomeni imprevedibili (terremoti, alluvioni, inondazioni, frane, incendi) necessitano di un addestramento adeguato. È proprio questa consapevolezza che ci spinge a considerare una cultura attenta alla gestione del senso di inadeguatezza e di impotenza che gli esseri umani provano di fronte alla drammaticità dell’emergenza (…).
Il Counseling dell’emergenza si rivolge alle persone colpite da una catastrofe, da un lutto, da un trauma, ma anche ai soccorritori, cioè alle persone che intervengono per prime e che, assieme ai sopravvissuti, sperimentano sentimenti di impotenza, angoscia, ansia e disperazione per l’accaduto. Per far fronte a una situazione di “disastro”, ognuno sviluppa una o più strategie che non evitano la sofferenza, ma ne limitano gli effetti. Una medesima situazione produce reazioni differenti, sulla base del significato che quell’evento viene ad assumere per una determinata persona e per le sue capacità di farvi fronte. L’obiettivo principale del Counseling dell’emergenza è quello di diminuire la probabilità che possano verificarsi dei disturbi mentali a lungo termine come il DPTS (Disturbo Post Traumatico da Stress). Il Counselling dell’emergenza applica le tecniche del Counselling ai contesti di emergenza/ urgenza. Il contesto dell’emergenza viene affrontato attraverso l’illustrazione di strategie relazionali efficaci che consentono di valorizzare la rete dei rapporti tra le persone e illustrare le normali reazioni ad un evento critico o fortemente stressante (…).
Attraverso tecniche e la conduzione di colloqui strutturati, si porta la persona a “organizzare” la realtà vissuta, normalizzarla, attribuendo all’evento un significato e un senso che possono permettere al soggetto di archiviarlo come evento del passato (…).
Nell’ambito dell’emergenza il Counselling può essere usato con persone vittime di disastri. Nel Counseling di emergenza si utilizza un primo aiuto emotivo, Counseling breve di supporto, sostegno e fiducia in spazi entro cui poter liberare le proprie emozioni, preoccupazioni o ansie (…).
Nel momento in cui ci troviamo di fronte a un disastro sono state individuate quattro fasi emotive che le vittime attraversano nel loro cammino verso la ripresa dell’evento traumatico: (1) fase eroica, (2) fase della luna di miele, (3) fase della disillusione e (4) fase della ricostruzione. La fase eroica è la prima ed è concomitante all’avvenimento disastroso. È caratterizzata da un grande attivismo che ha lo scopo di salvaguardare la propria e altrui vita. La fase della luna di miele segue quella eroica e può durare da due settimane a due mesi durante il quale il morale dei superstiti è piuttosto alto. C’è la speranza di riuscire a ricostruire presto una vita e tornare alla normalità. Segue poi la fase della disillusione che dura a lungo. Gli aiuti tardano ad arrivare e si ritorna a uno pseudo adattamento. L’ultima fase è quella della ricostruzione. In questa fase il singolo e la comunità lavorano insieme per ristabilire le condizioni generali che esistevano prima del disastro (…).
L’obbiettivo del Counselor è quello di sviluppare una forza interiore e aiutare le vittime a sviluppare una rete di sostegno. Gli interventi sono davvero brevi, circa cinque o quindici minuti, e i vissuti emotivi molto intensi.
Ci sono una serie di regole consigliate per poter gestire il colloquio:
- restare calmi;
- presentarsi e presentare l’agenzia per la quale si lavora;
- raccogliere immediatamente le informazioni socio/demografiche;
- mettere in pratica la capacità di ascolto;
- dare dettagli su quello che sta succedendo in modo da far diminuire la paura dell’ignoto;
- essere sinceri su quello che si offre senza esagerare;
- verificare lo stato di presenza a sé stessi;
- non fermare episodi di pianto;
- fare sentire la propria presenza anche con un abbraccio;
- non stimolare atteggiamenti da “superman” o “wonderwoman”, e promuovere sempre gli altri nel coinvolgimento della ripresa;
- imparare a riconoscere e ricordare il proprio limite.
Per fare un buon intervento è necessario che le vittime:
– parlino del disastro, delle loro perdite di persone e proprietà. Si deve cercare il significato di queste perdite e fornire un’àncora sicura nel presente e saperli portare indietro al momento giusto;
– siano impegnate nel fare qualcosa di attivo e costruttivo, incluso tornare sul luogo del disastro e impegnarsi nella ricostruzione;
– inizino con il Counselor a risolvere dei problemi anche pratici in modo che anche questo aiuti a migliore l’autostima;
La cosa fondamentale è che i colloqui siano brevi e non assumano mai il carattere di terapia (…).
A favore del singolo soccorritore possono essere messi in campo interventi atti a prepararlo all’impatto con eventi particolarmente stressanti. Tali iniziative possono riguardare la formazione teorica e la valorizzazione delle risorse e delle strategie che già padroneggia. L’approfittare di un training teorico-pratico può aiutare il soccorritore a riconoscere che durante il suo lavoro potrà trovarsi dinnanzi a emozioni molto forti, tali da mettere a repentaglio le sue usuali e collaudate strategie di coping.
Il percorso di formazione può essere attuato attraverso:
- l’analisi degli elementi stressanti che possono verificarsi all’interno di un lavoro di emergenza a breve o a lungo termine;
- l’analisi delle possibili reazioni personali e collettive;
- la conoscenza delle tecniche e delle strategie psicologiche e fisiche che può adottare per aiutarsi e per affrontare le esperienze stressanti;
- l’analisi delle strategie non produttive come possono essere l’uso eccessivo di tabacco, alcool o altre droghe;
- il riconoscimento dei segni di tensione personali e ricerca delle migliori strategie per minimizzare l’impatto;
- l’allenamento a definire ed esprimere le sensazioni provate e a condividerle con i colleghi. Questo lavoro può aiutare il soccorritore nell’essere più sensibile ai propri livelli di tensione e più disposto a cercare e a fornire assistenza ai colleghi;
- il mantenimento di relazioni interpersonali tra i soccorritori, in quanto aiuta a rafforzare il singolo contro esperienze stressanti, accresce la funzione del gruppo nel supportare il singolo (…).
Credo che sia necessario “aiutarsi per aiutare”, vale a dire creare le condizioni per il soccorritore di proteggersi per agire al meglio nelle situazioni di emergenza. Ogni esperienza passa prima di tutto da noi, dal nostro vissuto, dalla nostra esperienza, dalla nostra responsabilità. Aiutarsi per colei/colui che si trova nella relazione d’aiuto è un atto di maturità. L’emergenza richiede urgenza, tempestività, professionalità da parte di coloro che si trovano a prestare soccorso. È dunque doveroso per il “salvatore” che è in noi fare un passo indietro rispetto al desiderio di onnipotenza e avere un senso di consapevolezza dei propri limiti e del proprio vissuto emotivo. L’utilizzo del Counseling può essere una risposta allo sviluppo dell’empatia, della consapevolezza, della capacità di comunicazione (…).