di Roberto Costantini
di Roberto Costantini e Paolo Bartolini
Nell’ego non c’è armonia, ma discordia, particolarismi, contrapposizioni e separazioni interne. Quando prevale il mentale – inteso come proliferazione di pensieri ossessivamente riferiti all’io-mio – l’adattamento all’ambiente diventa difficoltoso e cresce la conflittualità distruttiva. Sempre più situazioni infastidiscono la persona egocentrata, perché essa non tollera smentite al proprio spirito di appropriazione e di protagonismo. Che sia un narcisista patentato o un salvatore seriale, sempre il soggetto si pone verso gli altri in maniera tale da ricevere qualcosa in cambio. Gli schemi mentali, in questi casi, sono rigidi, ripetitivi e privi di flessibilità. L’ego spinge affinché si conquisti il centro del palcoscenico, in un modo o nell’altro, la sua ansia è quella di magnetizzare lo sguardo e il consenso altrui. L’altro, infatti, esiste solo come spettatore, non è un interlocutore, un soggetto da conoscere e incontrare, bensì uno specchio vuoto chiamato a riflettere la luce radiosa che l’egocentrico pensa di irradiare. In quella che, non a torto, è stata battezzata come la “società dello spettacolo”, queste tendenze vengono sostenute e promosse, diffondendo il virus dell’autoreferenzialità e della superficialità compiaciuta. Sono tempi, insomma, in cui difficilmente guardiamo oltre il nostro ombelico. Alzare lo sguardo, allora, non significa solo essere fieri e assertivi, ma darsi l’opportunità di incontrare finalmente gli occhi dei nostri simili. Occhi che ci interrogano e ci invitano a metterci in discussione, in nome di una comunione possibile.