Condividiamo dei frammenti selezionati dalla tesi che la counselor Mariasilvia Possanzini ha realizzato per concludere i tre anni del Master in Counseling ASPIC.
INSEGNARE E IMPARARE CON AMORE: COME IL DOCENTE-COUNSELOR RENDE EFFICACE L’APPRENDIMENTO A SCUOLA
Le mie parole si propongono di avviare una riflessione sulla comunicazione e sulla relazione tra docente e discente nella scuola di oggi. Sono assolutamente certa, e la mia esperienza me ne dà quotidianamente ulteriore conferma, che il processo di insegnamento-apprendimento si strutturi attraverso un alto grado di consapevolezza del docente, che va molto oltre la sua competenza disciplinare. Il docente, perché possa avvenire un apprendimento significativo, deve conoscere e saper gestire gli strumenti della comunicazione e, in primis, dare importanza a un ascolto veramente attivo (…).
Il counseling pluralistico integrato deve diventare una buona pratica, perché l’insegnamento consapevole possa aiutare l’apprendimento consapevole e perché dalla relazione docente-discente scaturisca una nuova consapevolezza sociale. La scuola va trasformata (…).
Se è vero che essa è un microcosmo che rispecchia la complessità del macro, è vero che essa ne rivive le criticità. Ma a mio avviso, prendere coscienza e consapevolezza che la risposta a ciò che accade fuori di noi va cercata dentro di noi, rappresenta la svolta: solo il saper stare con sé, nel qui e ora, rende consapevole ogni gesto e ogni azione evitando di esportare e proiettare fuori ciò che non si è indagato o accolto di sé (…).
L’obiettivo della scuola è formare individui integrali e pertanto la esperienza scolastica diviene di per sé orientante, fatta da una comunità educante sensibile, attenta ed emotivamente consapevole (…).
Il counseling scolastico si riferisce ai principi della comunicazione efficace e delle dinamiche relazionali, e ha come finalità quella di sviluppare una adeguata capacità comunicativa e di favorire relazioni positive ed efficaci tra studenti, insegnanti, genitori e altre figure educative e professionali. Il counseling promuove una cultura della prevenzione, secondo la quale occorre sviluppare come azione primaria il miglioramento della qualità della vita delle persone, in modo da attivare misure che modifichino in positivo i loro comportamenti e il loro stile di vita (salutogenesi). Nella scuola ciò significa calare tutto questo sul discente per facilitare i processi di crescita individuale e quelli di gruppo da un punto di vista relazionale e per facilitare la libera e consapevole espressione emotiva. Significa agire sul clima scolastico per favorire il sereno apprendimento dei ragazzi (…).
La comunicazione non può essere identica per tutti perché ogni individuo necessita di un modo comunicativo personalizzato: il linguaggio diviene pertanto il mezzo attraverso il quale il docente/counselor ri-pone la possibilità al discente di esprimere i suoi pensieri, idee, fantasie, paure, emozioni e sentimenti. Esiste una ricca letteratura circa la efficacia degli interventi di counseling nella scuola: la sua applicazione corretta ha un impatto positivo sul successo scolastico, sulla acquisizione delle abilità sociali, sulla prevenzione dei comportamenti aggressivi, degli atti di bullismo, delle devianze in genere (…).
L’aggiornamento del docente non può essere più e soltanto l’aggiornamento disciplinare: io vorrò creare gruppi di lavoro, per consigli di classe o per aree disciplinari, in cui la condivisione, l’ascolto e la messa in opera delle mie conoscenze possano contribuire a modificare un po’ il mondo scuola, a partire dal microcosmo in cui mi trovo ad operare, praticando nuova consapevolezza. Perché la scuola non sia più “ignara”, è necessario che il docente si ponga in ascolto dei propri alunni, sia recettivo nei confronti di corsi di formazione ad hoc, affini competenze e abilità relazionali (…).
L’approccio umanistico-integrato è quello che meglio di qualunque altro (sia esso psicodinamico o sistemico, tratto dalla analisi transazionale o dalla programmazione neurolinguistica) può sostenere la relazione docente-discente.
Il docente non ha da essere uomo/donna eccezionale, ma deve avere consapevolezza del ruolo, motivazione e percezione del limite (o eventualmente dell’errore, motivo per cui la supervisione deve essere sistematica) (…).
La flessibilità del docente è questa: è la capacità di accogliere con autenticità e congruenza, per far sì che l’allievo possa confrontare la percezione di sé con l’immagine di sé.
Ascoltare senza giudizio, avere un atteggiamento non giudicante, evitare le interpretazioni, le investigazioni e le soluzioni sono atteggiamenti indispensabili e fondamentali per stare con gli allievi (…).
Lo studente deve essere aiutato a capire che in lui giocano vari piani: il cognitivo, l’emotivo e tutto il sentire. Questi saranno i suoi attrezzi grazie ai quali riuscirà ad abitare quei luoghi dove sta provando a dirigersi. Dovrà inoltre abituare i suoi occhi a vedere oltre le sue credenze (…).
Tento ogni giorno di promuovere a scuola un’etica della comprensione e del dialogo, per dirla usando la terminologia di Edgar Morin.
Il mio è sempre un programma interrogativo e le attività, siano esse individuali o di gruppo, cercano di sviluppare nei ragazzi un’adattabilità di strategie che permetta loro di creare personali abilità per fronteggiare adeguatamente poi le diverse situazioni della vita.
L’ obiettivo è quello di impedire l’attuazione e lo sviluppo di condotte anti-salutari, attraverso un percorso di consapevolezza delle proprie potenzialità. Il mio progetto è, oltre che per docenti, per educandi e vede come punto di partenza e di arrivo il ragazzo e non l’ottenimento o il raggiungimento di risultati meramente cognitivi/nozionistici. La scuola è un luogo dove si dovrebbe vivere intensamente, disse Assaggioli.
La scuola trasformata vede educatori che irradiano e che si alleano col potenziale umano.
A volte gli insegnanti più creativi sono anche quelli maggiormente in conflitto coi colleghi, visto che scegliere l’incertezza della libertà collide con l’essere sicuro e rimanere dentro il perimetro della propria zona di comfort (…).
Ci sono diversi fattori dinamici nella interazione docente/discente che convergono nel determinare l’immagine dell’insegnante che gli studenti interiorizzano e il relativo tasso di autorevolezza. Questo dinamismo fa sì che alterando anche di poco un fattore cambi tutto l’insieme. Non c’è neanche un solo modo di essere autorevoli: l’autorevolezza nasce da una miscela variabile composta di vari fattori, quali il temperamento, l’autostima, i fattori di contesto (la fama) e la coerenza, cui si aggiungono la esperienza, la consapevolezza, la flessibilità, la gestione attenta della classe e la conquista di uno stile comunicativo efficace.
Io credo che l’insegnamento vada costruito col proporre situazioni-problema in grado di stimolare la ri-organizzazione delle risorse possedute dal soggetto attraverso il rafforzamento, il sostegno, il monitoraggio, la facilitazione, la messa a confronto e il bridging (ovvero il processo che permette di utilizzare i punti di forza degli studenti per connetterli cognitivamente alle aree più problematiche) (…).